venerdì 1 ottobre 2010

Brancolini Edi



Edi Brancolini è nato nel 1946 a Rovereto di Novi (Modena). La sua attività artistica inizia nel 1965. Nel 1972/73 frequenta la scuola libera del nudo a Venezia con il Prof. Luigi Tito dal quale apprende l’importanza della pratica assidua e costante del disegno dal vero.
Dopo una breve esperienza informale, i suoi dipinti degli anni ’70 sono caratterizzati da una forte impronta socio-esistenziale che col passare degli anni si traduce in una fantasia altamente simbolica e visionaria ai limiti dell’onirico. Nelle opere recenti si respira un’aria tardo romantica velata di sottile ironia, dove il virtuosismo tecnico è portato al parossismo ma non si compiace mai di se stesso, preso com’è a servire le ragioni più profonde della poetica interna dell’opera.
Ecco alcuni passi dal testo critico di Vittorio Sgarbi tratto dal volume “Giudizi di Sgarbi" edito da Mondadori: “Edi Brancolini è un pittore del profondo e del mistero, ma le immagini che porta in luce hanno una loro esplicita chiarezza, sottolineata da un segno pittorico estremamente puntuale e fortemente narrativo. Con il lavoro di Edi Brancolini si può parlare sia della messa a punto del fondo della tela alla maniera degli antichi, sia del disegno preparatorio di grande maestria, che della stesura cromatica meditata e sensuale. Non è tanto un pittore citazionista, ma piuttosto un maestro del colore che guarda alla tradizione, e che utilizza le tipologie iconografiche della classicità rinascimentale per inscenare la rappresentazione degli interrogativi che emergono dallo scandaglio dell'inconscio. Brancolini tiene conto delle regole dei pittori antichi che occupano la tela eseguendo la campiture per sedimentazione, considerando il colore come un valore segnico, che poco per volta, e in seguito alle successive velature, acquisisce forma e consistenza. Egli prepara il supporto della tela seguendo le antiche regole canoniche e, quando la superficie è pronta, inizia a metter in atto la dinamica creativa senza più nessuna nostalgia del passato, bensì vivendo il suo tempo con tutta la consapevolezza e la lucidità dell'uomo moderno, per il quale il gioco della citazione di situazioni fuori del tempo diventa metafora del nostro stesso vivere. Essendo un pittore squisitamente simbolista, Edi Brancolini dispone di un'iconografia inesauribile, come inesauribili sono le sue soluzioni visive e i suoi stati d'animo, che si coniugano nell'armonia equilibrata delle campiture. L'asse delle sue rappresentazioni, che si distendono su precise 'coordinate geometriche, comporta l'efficacia verista delle ombre, delle luci, delle prospettive e dei primi piani. Quanto al suo simbolismo formale e contenutistico, esso si nutre dei sentimenti e delle gestualità ieratiche dei personaggi, che sembrano immersi in un limbo depurato dalle passioni terrene. Se l'iconografia sacra di tradizione cristiana è un tema privilegiato di Brancolini, dove l'eccellenza esecutiva conferisce alla rappresentazione l'essenza mitica che la rende attuale tuttavia si impongono anche tematiche più pagane. In questo modo l'esibizione della nudità del Cristo morto agisce all'interno di un saggio sincretismo iconografico e religioso, che può ben comprendere, assieme alla predica agli uccelli di san Francesco, anche la passività erotica di Ulisse vittima di Circe. Così diventa anche possibile inquadrare la morte di Patroclo a Troia all'interno di un polit¬tico che ricorda le pale del Mantegna. Pervase infine di ironica partecipazione sono le cronache omeriche e guerresche, inquadrate come competizioni sportive senza sangue, anche se feroci. Anche l'eterna guerra fra i sessi può essere illustrata nella rassegnata delusione di una bruttezza scimmiesca; oppure ritratta nell'opulenza carnale di un eterno femminino preso letteralmente d'assalto come una fortezza da ometti assatanati. Questi lavori sono dunque di grande chiarezza sia pittorica che esplicativa; qui il gioco delle gestualità si accompagna a una poetica ridente, allo scambio di giochi e di ruoli tra passato e presente, alla distribuzione di simbologie iconiche preziose ma non pretenziose. Sono sipari che si aprono su finzioni esplicite, rivelazioni di segreti, ironie dissacratorie, ma anche rifles¬sioni etiche sommesse, senza pretese moralistiche. Così, nella composizione dedicata al vizio dell'ozio¬sità, le figure, che appaiono fisicamente segregate, non ostentano consapevolezze peccaminose, ma solo la tranquilla consapevolezza della propria staticità.”

Ecco alcune sue opere:


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