L'opera selezionata per questa settimana, che ci introduce all'inverno, è dell'artista Franco Vannini:
domenica 30 novembre 2014
sabato 29 novembre 2014
Aggiornamento schede artisti museo 2014 (12)
Stiamo provvedendo all'aggiornamento delle schede degli autori presenti nel museo e all'inserimento delle schede dei nuovi autori inseriti dopo il concorso di pittura 2014. Qui è reperibile la scheda dell'artista Silvio Papale:
SILVIO PAPALE
venerdì 28 novembre 2014
I quadri parlano.. (di Franco Ruinetti)
Ruinetti al piccolomuseo di Fighille....visto da Man |
Il PiccoloMuseo è un punto di riferimento dell'arte
militante perché raccoglie il fior fiore degli autori nazionali che si sfidano
nei concorsi. “Piccolo” non è più. Sarebbe l'ora di ribattezzarlo col nome di
“Museo del Pozzo”. Un pizzico di bizzarria non guasta nel campo dell'arte.
Io, questa istituzione, l'ho vissuta e la vivo quando
la ripenso.
Mi intrattengo con i quadri esposti, con i ricordi, con le foto dei
cataloghi. Rivedo gli amici Bardeggia e Rinaldini, passati altrove, che
continuano a destare emozioni con i colori ora altisonanti, ora velati, ora
sotterranei. L'uno stimava l'altro, ma non poteva inchinarsi, erano ambedue
primi, con linguaggi, stili diversi. L'arte e certi artisti vincono contro il
tempo, non ne rispettano i confini.
Vedo quel quadro di Lima Amissao, persona mite, dal
sorriso acceso di luce. Rappresenta uno scorcio realistico disperso in un
ultimo giorno dell'anno triste e piovoso. Mi parla a larghe note della
nostalgia, che batte dentro, per la sua Africa assolata, giovane, amara.
Vado avanti, senza seguire alcun ordine né alfabetico,
né di merito, a braccio, con immeritate dimenticanze.
Incontro un dipinto di Nannucci, anche questo
liberamente figurativo. Racconta la fine dell'estate. Lo sento, ci sono dentro.
M'illudo che la bella stagione tardi a tramontare, ma le rondini sono partite
per un'altra primavera. E io sarei andato con loro. Non importa dove.
Belli quei ciliegi biancovestiti di Mario Massolo, che
non per niente ha vinto ripetutamente il primo premio al concorso di Fighille.
Cadono copiosi, a pioggia, i loro fiori accarezzati dalla brezza, sull'erba
dolcemente per non far rumore. Belli nel raccoglimento intatto trascorso da una
preghiera recitata con la mente.
Nel museo, che sarebbe più appropriato dire
pinacoteca, la maggior parte dei quadri si può inserire nell'ambito del genere
'figurativo', che non è speculare, ma personalizzato dalla singolare impronta
di ciascun artista. Un olio su tela di Sangalli, suggestivo, propone alcune
case di Fighille e sullo sfondo il monte, immersi in una atmosfera e distesi su
scivolate azzurre stemperate nel celeste. Questo lavoro mi rammenta l'episodio
di Cecco Beppe quando chiese ad un artista perché aveva fatto il prato azzurro
e quello spiegò che lo vedeva così. L'imperatore rispose che allora non doveva
fare il pittore. Ma non aveva ragione, come non l'aveva chi, molto dopo, parlò
di arte degenerata.
A volte capita che mi balzi in mente insistente quel
rosso ora intenso come brace accesa, ora commisto ad una nuvola rada, scandito
nel quadro in riquadri, di Jeanne Dettori, dal titolo “Mirage 9”. Non ha
parole, è un cosiddetto astratto, rappresenta, per me, un ordito musicale. C'è
il tamburo dal suono denso, cupo, che ha risonanze nel petto, mentre di sopra
volano a distesa le note del clarinetto. C'è sangue e vita.
Mi si presentano le donne. Ovviamente quelle attaccate
ai muri, dei dipinti. Sono sovente protagoniste. La vista indugia sul disegno
di un nudo sfacciato, ma vestito di venustà e di indifferenza. E' di Gianni
Mastrantoni. Il titolo non ce l'ha perché non ha importanza.
Eccole, quelle di Gianni Gueggia, sono la quintessenza dell'eleganza
formale culminante sulle dita semiaperte, articolate delle mani, sui menti
aguzzi, sulle piccole bocche. Sono Veneri celesti intoccabili e
irraggiungibili.
Mentre le donne di Gianni Gueggia si avvertono
concrete, sembra di averle incontrate da qualche parte. Risultano interpretate
da un talento che non si sofferma sui dettagli. Mani grandi, teste tonde. I
colori sono di uno spartito vigoroso. Le bocche appaiono chiuse eppure ti
chiamano e sorridono, chiedono amicizia. Strane figure. Si vorrebbe conoscerle
meglio.
Singolari le vele di Luciano Filippi. Salgono oltre la
tela, lassù in alto, trasparenti sospiri del colore. Sono la poesia del mare e
del cielo. Mentre il sole non tramonta sui paesaggi di Secondo Vannini, che
cantano “Romagna mia” a piena voce.
I quadri parlano a tutti, in tutte le lingue, ad
alcuni di più, ad altri meno. Importante è saper vedere, che, come asseriva De
Goncourt, è il lavoro più lungo.
Mi passa davanti un lavoro di Giovanni Cagili. Lo
fermo per una pur breve conversazione. L'ispirazione nasce dal paese di
Anghiari, alto sulla collina e nella mente. Sembra volermi dire che la verità
oggettiva è più bella quando si arricchisce con gli apporti della fantasia.
L'avvento della fotografia mandò in crisi la pittura,
ma fu un bene, da allora molti artisti del pennello si sono allontanati più o
meno dai modelli o soggetti. A metà strada tra la rappresentazione classica e
la piena libertà inventiva c'è anche Franco Cartia con “Le grandi finestre sul
lago”. Sullo sfondo si affermano decisi
i profili di alcune costruzioni, mentre sulla ribalta del primo piano insistono
motivi multiformi illeggibili. L'armonia cromatica unisce saldamente il tutto.
Ma cosa mi racconta questo lavoro? Mi suggerisce che è bello vivere, è bello il
mondo anche se, in gran parte, siamo immersi nell'inconoscibile.
E c'è Enzo Maneglia con i suoi “scatoloni”, le
vignette, le caricature, che ha sempre pronto lo scatto dell'umorista di razza.
Devo dire poco di lui perché temo, come i suoi politici, cardinali e altri
personaggi-pupazzi, d'essere preso per il naso e finire in un cassonetto per
venire smaltito.
Franco Ruinetti
giovedì 27 novembre 2014
Piccolomuseo / Le donazioni 2014 (7)
E' con grande piacere che comunichiamo una nuova importante donazione per la collezione del piccolomuseo di
Fighille.
L'artista Elio Roberti di Lavenone (Brescia) ha infatti donato l'opera di seguito riprodotta. Nei prossimi giorni pubblicheremo la scheda personale dell'artista a cui va la gratitudine della nostra Associazione.
L'artista Elio Roberti di Lavenone (Brescia) ha infatti donato l'opera di seguito riprodotta. Nei prossimi giorni pubblicheremo la scheda personale dell'artista a cui va la gratitudine della nostra Associazione.
mercoledì 26 novembre 2014
Gli spilli di maneglia (114-tris)
Rosy Bindi, presidente della Commissione antimafia, intervistata da un noto Quotidiano di Milano, sottolinea l'esigenza di un cambiamento nel Pd. In caso contrario, non esclude la spaccatura.
Sembra risoluta e determinata...ma dove vuole andare? ...una bella domanda!.
Aggiornamento schede artisti museo 2014 (11)
Stiamo provvedendo all'aggiornamento delle schede degli autori presenti nel museo e all'inserimento delle schede dei nuovi autori inseriti dopo il concorso di pittura 2014. Qui è reperibile la scheda dell'artista Ermes Simili:
ERMES SIMILI
martedì 25 novembre 2014
Visti al museo (98) - Gulberti
Nel periodo dal 29 novembre al 13 dicembre 2014, l'artista Attilio Gulberti, torna protagonista di una nuova mostra personale presso la Galleria Bottega d'Arte di Arzignano (Vicenza) dal titolo "Atmosfere".
lunedì 24 novembre 2014
Gli spilli di maneglia (114-bis)
Le ultime dalle elezioni regionali in Emilia Romagna: ...hanno vinto in due, il
centrosinistra e l'astensionismo. E' Stefano Bonaccini il nuovo presidente con il 49% dei consensi.... ed ora "i rosiconi" si
domanderanno "è tutto oro quel che luccica!?"
Aggiornamento schede artisti museo 2014 (10)
Stiamo provvedendo all'aggiornamento delle schede degli autori presenti nel museo e all'inserimento delle schede dei nuovi autori inseriti dopo il concorso di pittura 2014. Qui è reperibile la scheda dell'artista Vittorangelo:
VITTORANGELO
Gli spilli di maneglia (114)
Si avvicina un rigido inverno e il clima politico non sarà da meno....si deteriora di giorno in giorno a colpi di continue polemiche, offese, rivolte, lanci d'uova....tutto eccetto qualcosa di utile e costruttivo !
domenica 23 novembre 2014
sabato 22 novembre 2014
Aggiornamento schede artisti museo 2014 (9)
Stiamo provvedendo all'aggiornamento delle schede degli autori presenti nel museo e all'inserimento delle schede dei nuovi autori inseriti dopo il concorso di pittura 2014. Qui è reperibile la scheda dell'artista Michele Inno:
MICHELE INNO
venerdì 21 novembre 2014
Visti al museo (97) - Bardeggia
Nell'ultimo numero della rivista Ariminum è stato pubblicato un bell'articolo dedicato all'arte di Guerrino Bardeggia (1937-2004), il primo artista fondatore del piccolomuseo di Fighille, a cura del prof. Franco Ruinetti. Lo riproduciamo di seguito:
IN MEMORIA DI
GUERRINO BARDEGGIA, ARTISTA DI GABICCE
Guerrino Bardeggia: sono dieci anni ormai che è mancato. Ha lasciato un gran vuoto, anche in me che, soprattutto negli ultimi tempi, lo frequentavo e sentivo spesso. Era versatile, artista del colore e del segno, della materia e della parola: pittore, scultore, poeta. Anche nel conversare mai era leggero, le sue espressioni non avevano le fronde delle tante parole, erano originali perfino nella scherma dello scherzo. E' stato definito, con ragione, un solitario. S'immergeva nel gorgo del silenzio per assentarsi in esso, ritrovare così i propri ritmi del pensiero, le illuminazioni, per spaziare nel suo mondo e creare a spron battuto con una semplicità sorprendente. Qualcuno asseriva che andava in trance, al di là del presente. Ma, nello stesso tempo, amava la compagnia dei tanti amici, che per lui rappresentavano la diffusione della famiglia. Aveva stretto rapporti con persone di tutte le latitudini, in primo luogo con i pittori che andavano a casa sua, nell'officina dell'arte, che riconoscevano il suo valore, ai quali dava consigli e, non di rado, qualche 'zampata' sui loro quadri. Al proposito possiamo leggere, in una delle sue numerose poesie: “... Lasciatemi andare / con gli amici / di oggi / tra gli amici/ di ieri / andrò domani...”
Guerrino è stato un maestro anche di amicizia.
un piccolo dettaglio del Bardeggia conservato nel piccolomuseo di Fighille |
Per presentare, interpretare, recensire l'arte di
Bardeggia sono stati pubblicati libri, monografie, centinaia di articoli di
giornale. Per vederlo meglio nella sua assoluta originalità credo opportuno
riferire qualche riga scritta dall'acuto Carlo Munari: “Bardeggia non si
rivolge alla cultura filosofica perché è estraneo a questa dottrina. Per contro
egli agisce nel dettato dell'io profondo, esprime un contenuto dell'inconscio
collettivo … incontaminato da grumi esterni, da incrostazioni
intellettualistiche, da forzature esplicative”. Sulle stessa linea è la
testimonianza di Lara Badioli: “...l'unica cultura, in queste opere, è la tua.”
Lui ha professato di non essere “dotto” e viene da credere che non lo
desiderasse. Così dice in una poesia: “...scarnifico / i miei sentimenti, /
cerco la poesia / della poesia.”
L'artista spazia nel proprio universo, quello
interiore dove, ripetendo l'assioma di S. Agostino, abita la verità.
Alla base di ogni sua realizzazione figurativa c'è il
disegno. La linea, mobile è spesso sottile, veloce, volante. Talvolta è
definitiva, non ha il complemento del colore. Essa è eloquente, ora sensuale
nelle movenze femminee, ora ha il tremore del tormento, gli sbalzi dei
singhiozzi, sennò si carica di pesantezza, come quando evoca il corpo di Cristo
in certe deposizioni. Il disegno è sempre essenziale, la figura, in
molteplici casi è solo allo stato embrionale eppure le sintesi, solo accenni,
comunicano motivi compiuti, accendono risonanze di sensazioni indelebili.
un piccolo dettaglio del Bardeggia conservato nel piccolomuseo di Fighille |
Chi è Bardeggia? E' stato definito in tanti modi,
incasellato in questa o quella corrente. Però ogni alveo gli sta stretto, a
nessuna maniera o che dir si voglia scuola, recente o antica, può essere
associato. Ogni artista degno di tale qualifica traccia e percorre la propria
strada. La sua è lastricata con la sofferenza, con la dolcezza struggente, col
balenare della speranza, con la novità delle forme e dei colori, con la fede
nel divino che neppure lo strazio degli orrori debilita o mette a rischio. Ha
cercato Dio come l'amico sempre presente e fidato. Periodicamente sentiva
incontenibile l'esigenza di disegnare o modellare Gesù Cristo. Così termina una
sua poesia: “ … Le mie mani, / consumate a sangue / accarezzano / lentamente
/ la fronte di Gesù. / Un fremito / un sospiro / un brivido / un alito / … e …
/ risorge.”
Un motivo opprimente che talvolta lo assaliva era il
mistero nel quale si sentiva perduto e nel quale è immersa la realtà. E' lo
stesso mistero del Pascoli. Con lui aveva in comune, anche se in secoli
diversi, gli anni scolastici trascorsi al vento di Urbino.
Nei quadri di Guerrino ogni argomento si afferma in
primo piano, sulla ribalta del presente perché manca la distesa dell'orizzonte;
talvolta c'è il sole, grande, anch'esso incombente.
La tematica appare inesauribile. Il suo impegno
massimo si rivolge alla dimensione umana. E di essa pone in rilievo la
sofferenza atroce, muta, lancinante. Denuncia la guerra, l'aborto, i soprusi,
le lacrime nascoste dei bimbi, l'innocenza straziata, l'inquinamento. Ricordo:
era il 21 marzo, San Benedetto. Mi disse di aspettare le rondini, che tardavano
a venire, ogni anno erano sempre meno e
che la civiltà riuscirà a sconfiggere con le armi micidiali dei diserbanti ,
dei pesticidi. Era in ansia e quel giorno riempì il suo dipinto di uccelli, di
cielo, ma anche col buio della notte e trame striscianti del rosso.
un piccolo dettaglio del Bardeggia conservato nel piccolomuseo di Fighille |
I volti, le membra, le teste, sia dipinti oppure fatti
di terra o col cemento non presentano indugi calligrafici, al contrario sono
soltanto abbozzati perché non si riferiscono a questa o a quella
persona, all'apparenza, bensì all'interiorità. L'artista traduce in immagini i
sentimenti.
Mi sono fermato a lungo davanti alle sue opere. Non ho
mai visto un sorriso, non quello di un bimbo, di una donna, di un angelo. Lampi
di luce dardeggiano su immagini crude,
su mani dalle dita spalancate, che compaiono improvvise, sui petti scavati e
c'è la scintilla di quell'occhio che ti scruta dentro, come un giudice
intransigente, dal quale non scappi. Bellissimo.
Ecco i suoi colori. In questo settore dimostra una
sensibilità e un mestiere straordinari. Sono sempre commisti per scivolare in
modulazioni suggestive, per raggiungere le acutezze più accese. Il colore che
sentiva di più è quel rosso rafforzato da un velo di giallo e non saprei da
cosa altro, ora più ora meno tendente all'arancione. Viene incontro, nella
maggior parte dei casi, a larghe libere stesure o macchie, difficilmente
parcellizzato. E' sangue sui grovigli di visceri , è fuoco d'amore, è 'fragore'
dichiarava Kandinskij. Il nero è un urlo che si perde nella valle
dell'infinito, ancora più cieco e cupo, se non frastagliato, ma compatto, nel
contrasto con altri spazi accesi di giallo, di rosso. Anche il bianco assume
valori sempre nuovi. Ho presente un grande olio dal titolo “Innamorati”. I due
protagonisti, abbracciati, sono nella solitudine di un bianco morbido, un letto
sconfinato fatto di nuvole.
I suoi colori sono battenti, si scontrano, si placano
in lunghe diluizioni. Ora si agitano in un ribollire che è turbinio materico e
cromatico. “Annunciano passione, amore, anima, sangue, morte (E. Nolde)”.
un piccolo dettaglio del Bardeggia conservato nel piccolomuseo di Fighille |
Insomma, quando si è davanti a tali opere, anche se
oziosa, la domanda incalza. E' un figurativo o un astratto? Lui affermava che
per essere 'astratti' prima è necessario essere figurativi, perché prima di
rompere bisogna costruire. Risponde Storari: “Bardeggia infrange le regole e
tutto diventa visione, poesia”. Le immagini, leggibili anche se risultano dall'alfabeto di uno stile
personalissimo, si accordano con la libertà di note cromatiche colte
dall'istinto.
Altra domanda: Bardeggia è migliore come pittore o
come scultore? La risposta è ovvia: è sempre lo stesso. Ha realizzato monumenti
per luoghi pubblici di grande impegno, ha modellato il suo dolore esistenziale
in tante forme sempre sorprendenti, che lasciano il segno.
Infine va chiarito che l'artista di Gabicce non è
soltanto il cantore della disperazione. Vede il male e lo rappresenta, ma per
condannarlo, per attraversare l'inferno e salire a Dio.
Il dolore fisico e morale, che Guerrino ha vissuto, la
malattia, la fanciullezza rubata, nelle sue opere si levano alti come
invocazioni e preghiere.
E ci sono i pettirossi. Un giorno mi disse di
aspettare; in un battibaleno ne disegnò uno. Me lo regalò dicendo che anche lui
avrebbe voluto togliere le spine dalla fronte di Cristo. Poi si vedono le
colombe volare con le ali tese. Portano pace, portano dolcezza.
Guerrino Bardeggia manca, è andato altrove. Ma
l'artista non muore, vive nelle tante opere che raccontano le luci della sua
anima.
Franco Ruinetti
giovedì 20 novembre 2014
Aggiornamento schede artisti museo 2014 (8)
Stiamo provvedendo all'aggiornamento delle schede degli autori presenti nel museo e all'inserimento delle schede dei nuovi autori inseriti dopo il concorso di pittura 2014. Qui è reperibile la scheda dell'artista Sergio Giromel:
SERGIO GIROMEL
Volpi visto da Ruinetti
Volpi al lavoro visto da Matteo Doardo |
Nel catalogo del concorso di pittura 2014 abbiamo dedicato uno spazio all'artista tifernate Filippo Volpi che piu' volte in passato ha collaborato con la nostra associazione e che nel 2012 ha scolpito il Premio San Michele che riproduce su pietra il dipinto del Guido Reni.
Riportiamo ora un testo critico realizzato dal prof. Franco Ruinetti, direttore onorario del piccolomuseo di Fighille, e dedicato alle opere di Volpi:
Filippo Volpi
Filippo Volpi, con le
sue molteplici realizzazioni plastiche, ora di dimensioni contenute, ora di
grandezza naturale e oltre, si esprime con la chiarezza del linguaggio figurativo,
ma l'apparenza, cioè l'aspetto mimetico e la leggibilità dei soggetti non sono
vincoli né ostacoli. Il giovane artista si avvale di materiale vario, per ora
prevalgono i legni, la pietra serena, il marmo. Pare di sentire gli scalpelli e
le sgorbie, durante la lavorazione, che fanno volare note musicali al fine di
accendere la vita dell'arte nella base inerte. Il suo intento è quello,
sgrossando la materia, di togliere il superfluo per evidenziare il significato.
All'autore non interessa il tutto compiuto della figura umana, che privilegia
quale argomento d'interesse e d'indagine. Ecco, ad esempio, un nudo. Si tratta
soltanto di un busto umano, che si muove in una lieve torsione, non ha la
testa, né le braccia, né le gambe. Trasmette una forte emozione, ma non perché
è così mutilato. Esso viene incontro a chi lo incontra. Sorprende e lascia
un'impronta nella memoria anche per quelle linee incise sul collo, sul petto
che contrastano eppure armonizzano con l'insieme di questo suggestivo “non
finito” così definito e completo.
Talvolta le superfici
dei lavori sono levigate, altra volta presentano delle irregolarità, come dei
fremiti o turbolenze, mentre si possono pure vedere degli inserti eterogenei.
Il tutto perché l'essenzialità della sintesi è sempre tesa ad enucleare i
motivi dell'ispirazione e non ha importanza l'identità, né se qualche parte
risulta mancante, rotta dal tempo o erosa e in esso dispersa. In effetti certi
tronchi di statue hanno un fascino che viene da lontano, possono apparire come
reperti classici usciti dai secoli e dalla dimenticanza.
Tali sculture sono
vive perché la luce trascorre e penetra come un respiro lento, vibra nelle
matasse dei segni, dilegua nelle ombra delle rotondità.
Ma è meglio non
allontanarsi dalla produzione per comprendere ciò che dice l'arte di Filippo
Volpi. Allora vediamo due forme umane, sono sagome appena abbozzate o sbozzate,
congiunte, nate da un unico blocco di pietra serena. Presentano le nudità
forti, ma così dolci, della roccia nuda. Attraggono ed è facile stabiliscano un
rapporto sotterraneo con chi si ferma a loro davanti. Certamente a ciascuno
svegliano pensieri ed emozioni diversi. Il titolo è però indicativo: “Sotto la
luna”. Si può credere che i due siano un inno di movenze e di luce all'amore
(il suo archetipo) che si nutre della bellezza e veleggia al di sopra dei
rumori mondani.
“La Medusa” (pioppo,
cm. 25X80) è intesa e realizzata in modo nuovo. Il più antico racconto
mitologico la definisce orrenda, un altro, molto posteriore la vede bellissima.
L'autore sembra la colga nel passaggio, nel processo di trasformazione dall'uno
all'altro estremo, mantenendo così accennati i caratteri di entrambe le
versioni. Anche questa è un'opera che dimostra originalità e preparazione. Le sculture, nella maggior parte dei casi a
tutto tondo, sono frutto di evoluta sicurezza esecutiva e di certo non
distraggono l'attenzione fermandola su particolari o virtuosismi.
Per alcuni motivi
(due figure liberate in un solo blocco di pietra serena, le dimensioni, la
mancanza dei volti) “La Pietà” è somigliante a “Sotto la luna”. Certamente e in
prima istanza il riferimento è alla Madonna e al Cristo, però quelle teste che
non hanno i visi nascondono in verità i visi di tutte le madri e di quei figli
che hanno combattuto con le malattie o attraversato l'inferno della droga.
E c'è una statua,
come un monumento in scala ridotta (cm. 35X80), dal titolo “Schiavo in catene”.
Racconta il tronco possente di un uomo
in parte efficacemente scolpito nel rispetto dell'anatomia, in parte ancora
dentro la pietra informe. Non ha la testa, non ha la parola. E' prigioniero
della materia e del ferro, come molti di noi.
Tutte le
realizzazioni plastiche di Filippo Volpi sono subito comprensibili, anche se
appaiono più o meno lontane dai modelli e dal vero.
I motivi considerati,
infatti, rispondono ai ritmi interiori, allo stile dell'autore e l'arte sta
proprio in questa “deformazione”, come asseriva Matteo Marangoni. Perché
l'artista è libero, sempre. Anche di mostrare certi ingranaggi del cervello, come
nella scultura in pietra serena che è “L'uomo macchina” oppure di corredare la
testa e il volto, belli che sembra vengano dall'antica Grecia, dal titolo
“Crescere”, con listelli di marmo luminoso quanto insidioso.
Franco Ruinetti
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