sabato 14 marzo 2015

Ricordando Giorgio Rinaldini (5/7)

In prossimità del secondo anniversario della scomparsa vogliamo rendere omaggio alla figura dell'artista Giorgio Rinaldini, per anni protagonista della scena artistica nazionale e amico della nostra associazione, riproponendo alcune sue celebri opere e alcuni testi critici a lui dedicati.

Cosi' il critico riminese Manlio Masini, tratteggiava il talento di Giorgio Rinaldini:

Chi lo considerava il numero uno e chi invece lo snobbava, rinfacciandogli addirittura l'eccessiva spregiudicatezza nell'affrontare tematiche giocate troppo insistentemente su un manierismo di facile effetto.
Quello che è certo, al di là dell'inevitabile chiacchiericcio, è che Giorgio Rinaldini era un talento, un "grande" artista, che nella "piccola" Rimini resterà sicuramente tra i protagonisti più vivaci e interessanti di questo inizio di Millennio. 
I suoi moduli creativi, tanto amati e disprezzati, hanno fatto e continuano a far scuola, o meglio, a essere platealmente "copiati" dalle nuove generazioni che a volte, senza nemmeno chiedere permesso, partono laddove Rinaldini è arrivato. E naturalmente senza aver assimilato e compreso tutta la sua lunga esplorazione introspettiva che lo ha portato, di volta in volta, a cogliere e a trasfigurare l'essenza stessa della pittura contemporanea.

Rinaldini al lavoro visto da Man
Artista apprezzato in campo nazionale, Giorgio Rinaldini ha collezionato alle mostre e ai concorsi una miriade di premi. 
Nato a Rimini nel 1933 ha iniziato a dipingere intorno alla metà degli anni Cinquanta. Con Norberto Pazzini, suo primo riferimento, ha assaporato i profumi della sua terra e gustato gli umori sanguigni della sua gente. Con Vittorio D'Augusta, "incontrato" negli anni Sessanta, gli si sono aperti nuovi e più ariosi scenari.
Attento come pochi agli umori delle correnti artistiche più rappresentative, Rinaldini è uscito dalla concretezza della figurazione e con l'acquisizione di tecniche operative sempre più sofisticate, è approdato ad una originale forma di espressionismo informale. 
Il suo lavoro di scavo lo ha portato a sfibrare la materia, a frammentarla, a renderla impalpabile, attraverso un groviglio di calibrati filamenti che trovano l'amalgama nell'equilibrio dei rapporti tonali e nelle raffinatezze dei colori, soprattutto dei rosa, degli azzurri, dei bianchi maiolicati. 
All'interno di questo reticolato di cromatismi gli oggetti paiono sospesi in una morbida atmosfera da sogno, mentre la luce, che si insinua tra gli interstizi, compone tenui frammenti di una realtà surreale.

 


Nonostante queste uscite nell'informale, addirittura negli ineffabili meandri dell'astrattismo, Rinaldini è sempre "leggibile", perché nella sua pittura, fatta di luci e di sensazioni immediate, ritroviamo una sorta di candore dell'infanzia. 
E' stato detto che nelle sue tele c'è "l'anima fanciulla dell'artista sognatore". 
Verissimo. 
Nei suoi dipinti si colgono brani di antiche favole, stati d'animo che suscitano nostalgia, mestizia e a volte persino inquietudine. 
Mi riferisco alle sue diafane e fragili bambine dallo sguardo dolce, delicato, carezzevole, ma nel contempo anche sfuggente, impenetrabile, enigmatico; creature evanescenti che per quel senso di non svelato, che si portano appresso, oscillano incerte fra innocenza e turbamento.


Ma nell'opera di Rinaldini non possiamo tralasciare i nudi, tanto passionali e intensi, eppure così lontani da qualsiasi spettacolare volgarità; i paesaggi, con quei simpatici alberi stralunati e contorti che si accostano a quelle "case sbilenche", capricciose quanto suggestive; e poi le nature morte e gli interni, tutti immersi nelle loro magiche trasparenze: atmosfere indefinite, che sfumano la materia fino a renderla spirito, nate da un'indagine tutta intimista, che non muove dall'osservazione esterna, ma dal profondo della memoria."  
Manlio Masini